lunedì 25 gennaio 2016

Mercoledì 3 febbraio 2016
ore 20,30
Sala consiliare del Comune di Avigliana
P.zza Conte Rosso 7

Il caso Ungheria:
un ritorno all'Europa etnica?”

Dott. Claudio Vercelli
Ricercatore Istituto Salvemini



Mentre i processi di unificazione politica nell’area continentale arrancano, in un’Europa alle prese con una profonda trasformazione, che ne sta mutando la fisionomia sociale ed economica, l’Ungheria del premier Viktor Orbán, al potere dal 2010, parrebbe rilanciare l’ipotesi di una soluzione autoritaria ai problemi che il Paese sta vivendo dai tempi della transizione dal regime comunista ad oggi. Dal primo gennaio del 2012, infatti, una nuova Costituzione, con un impianto chiaramente nazionalista e a tratti illiberale, è entrata in vigore. Le limitazioni alla libertà di stampa si sono susseguite nel corso del tempo, così come le restrizioni al Codice del lavoro. Più in generale, l’intera sfera dei diritti civili e sociali è sottoposta ad una costante pressione, con l’obiettivo di ridefinirne contenuti in chiave fortemente conservatrice. Il dissenso sempre più spesso è additato come elemento di sovversione non solo degli ordinamenti costituiti ma anche dell’interesse pubblico. Minacce, neanche troppo velate, si accompagnano a campagne che esaltano un consenso acritico alle tesi imposte dalle autorità. Non di meno i partiti di governo godono di un buon seguito elettorale e di un diffuso consenso. Restrizioni all’autonomia individuale si accompagnano alle rivendicazione di una identità nazionale rielaborata in chiave etnica. I rimandi all’orgoglio nazionalistico, al patriottismo, alla fedeltà verso una “comunità di omologhi”, alle “radici” e all’”identità” magiara, al cristianesimo come fondamento di un’unione di identici, sono stati ripetutamente proposti come la risposta alle perturbazioni e agli scompensi che i processi di globalizzazione hanno introdotto e rinnovato anche tra gli ungheresi. In tutto ciò, l’idea di “Nazione magiara” viene presentata dalla leadership politica come l’alternativa ad un’Unione europea il cui fallimento è vissuto da molti in quanto non solo probabile ma addirittura auspicabile. Il fondamento etnicista di tali costrutti, la visione regressiva delle relazioni sociali e dello statuto dell’individuo, quest’ultimo ricondotto ad essere parte di un organismo – la “nazione” – di impianto per più aspetti quasi totalitario, il ritorno di un razzismo diffuso, in nessun modo contrastato dalle autorità, le pressioni contro le minoranze così come il vagheggiamento nostalgico dei fasti del vecchio Impero austroungarico, sono quindi parti di un percorso dove i fantasmi del passato, fondati sulla “comunione di stirpe”, riprendono vigore nel nostro Continente? La vicenda ungherese, sia pure nella sua specificità, ci racconta di un malessere assai più ampio, al quale le classi dirigenti europee non sanno, né forse intendono, dare risposta. All’Europa delle “piccole patrie”, composta di micronazionalismi, così come alle comunità immaginarie di “razza”, cosa dobbiamo pertanto rispondere? Una riflessione al riguardo può risultare utile per meglio capire quali siano gli spazi che rimangono a democrazie sociali sempre più in affanno.
                                                                                                      Claudio Vercelli

martedì 12 gennaio 2016

Giovedì 21 gennaio 2016
ore 15,30
Biblioteca “Primo Levi”
via IV novembre 19, Avigliana

Incontro con Giancarlo Fagiano, 
socio di Circolar-Mente, su:

IL CAPITALE

nel XXI secolo


E’ possibile sostenere, con un minimo di schematismo, che la dicotomia destra/sinistra si sia snodata, dall’avvento della borghesia e dall’inizio della rivoluzione industriale fino ai nostri giorni, attorno alla dialettica fra due valori fondanti l’una e l’altra: da una parte quello della “libertà” (individuale) dall’altra quello della “uguaglianza”. Ancora uniti nella triade mitica della Rivoluzione Francese, ancora alleati nello sconfiggere l’Ancien Régime, si sono poi divaricati per ispirare: a destra, lo spirito dell’arricchimento individuale, a sinistra, quello della giustizia sociale collettiva. Il liberismo, specie nella sua recente versione del neo-liberismo, ha da sempre sostenuto che l’arricchimento individuale, lasciato libero di esprimersi in un mercato privo di vincoli e lacciuoli, avrebbe comportato quello di tutti. Tesi da sempre contestata e combattuta da tutti i movimenti di lotta al capitale. Il parametro fondamentale per misurare la veridicità di queste due contrapposte visioni non può quindi consistere che nel peso reale della “disuguaglianza”. In questa dialettica si inserisce il libro di Thomas Piketty “Il Capitale nel XXI secolo”. Lo fa con l’autorevolezza di una straordinaria massa di dati analitici raccolti e con la valenza di uno sguardo volto a considerare più di due secoli di storia economica. Il forte impatto che da subito ha avuto nel dibattito sulla consistenza della disuguaglianza testimonia che, qualunque opinione si possa avere al suo riguardo, “Il Capitale nel XXI secolo” è un testo ormai irrinunciabile per chiunque voglia capire che direzione ha preso l’economia mondiale.