Mercoledì
21 ottobre 2015
ore
17,30
Biblioteca
“Primo Levi”
via
IV novembre 19, Avigliana
"La
violenza come effetto
della caduta della
dialettica
fra maschile e femminile”
Dott.
Emanuele Montorfano
Psicologo,
psicoterapeuta, psicanalista
La
violenza compare a partire dal momento in cui le parole non hanno più
efficacia. A partire dal momento in cui colui che parla non è
più riconosciuto nella sua singolarità, nella sua
differenza. Ne scaturirebbe che all'origine di ogni condizione di
violenza per un soggetto c'è sempre un annullamento della
possibilità di rappresentabilità nella relazione.
La
psicoanalisi intende la sessualità come luogo principe di
emergenza e di esercizio della differenza. C'è una differenza
irriducibile tra maschile e femminile, l'Altro non è punto
d'arrivo, meta raggiungibile, divario da colmare, comprensione da
completare bensì causa del desiderio, attorno a cui non si può
che percorrere un'orbita. Ne scaturirebbe che l'incontro nella
relazione è possibile solo se contempla in sé
dell'impossibile: non c'è relazione senza separazione, la
relazione come un ponte verso l'Altro, ma che non posso attraversare
altrimenti non farei che annullare l'alterità colonizzando,
con me stesso, l'altra parte.
Si
capisce dunque come la relazione sessuale occupi questo campo chiuso
del desiderio e vi giochi la propria sorte: la questione per il
soggetto diventa quella di come occupare in modo orientato, a partire
dalla divisione, il posto di causa del desiderio dell'Altro.
Possiamo pensare che esistano due
effetti di violenza a partire dall'evitamento dell'assunzione
dell'impossibile di raggiungere completamente l'Altro, specificamente
dal lato maschile e da quello femminile?
Il relatore
Nel percorso ampio e variegato che come “CircolarMente” stiamo conducendo, ponendo al centro un tema non facilmente afferrabile nelle sue molteplici sfaccettature come quello dei confini, il seminario di mercoledì col dottor Montorfano ha rappresentato, a mio giudizio, una tappa importante, anche se ci ha condotto su sentieri alquanto scivolosi. Non poteva del resto che essere così, data la difficoltà dell’oggetto in questione (il confine fra maschile e femminile, fra violenza ed eros) e la prospettiva psicanalitica da cui veniva ad essere osservato: perché se è vero che siamo esseri abitati dal linguaggio, e che il linguaggio, secondo la lezione di Lacan, non è solo un medium fra la nostra soggettività e quella degli altri con cui ci rapportiamo ma è anche qualcosa che ci sovrasta, che non afferra totalmente la cosa e il cui significato pertanto non è mai univoco, il gioco fra i significati che noi attribuiamo alle parole che pronunciamo e le potenzialità di significare che esse assumono nel discorso è sempre complesso e non privo di ambiguità.
RispondiEliminaEppure è proprio dentro queste strettoie, queste mancanze originarie e costitutive che stiamo nel mondo come esseri parlanti, e se ho ben colto il senso del discorso del nostro relatore, è solo riconoscendole ed accettandole che possiamo attingere, nella relazione con l’altro, a quello che ci è dato come possibile. Il cardine di una relazione non mortifera sta appunto, secondo la prospettiva psicanalitica di cui il relatore si è fatto interprete e i cui passaggi sono stati esplicitati con molta cura, nel mantenere la separazione, non chiedendo all’altro di corrispondere ad un nostro riflesso, non racchiudendolo nei nostri significati, non pensando di ridurre ad unità, come nel suggestivo mito platonico, la nostra costitutiva differenza che ci chiede invece di vedere nell’altro non il nostro complemento, bensì il nostro confine, il nostro bordo: mantenendo peraltro aperti verso la relazione quel desiderio che è forza propulsiva e vitale e quella domanda generatrice di movimento che non si chiude in risposte, ma riconosce l’altro come destinatario attribuendogli lo statuto di interlocutore.
Non è cosa facile – chiunque di noi può averne avuta personale esperienza, e del resto la relazione è il luogo dove siamo davvero messi alla prova, dovendoci confrontare con “l’impossibile” di un rapporto che possiamo immaginare, secondo il nostro relatore, come una sorta di ponte che ci conduce verso l’altro ma che non può mai essere completamente varcato senza mettere a rischio la relazione stessa, annullando quella distanza fra noi e l’altro che ne è il respiro vitale. Una prova che non sempre riusciamo a reggere, facendo entrare così nel rapporto quella violenza in cui il maschile e il femminile, nell’interpretazione offerta da Montorfano, sono marcati entrambi non tanto dalla diversa biologia ma piuttosto dalle rappresentazioni che ci facciamo del nostro essere sessuati, dalla nominazione che ne diamo. Segnata, la prima, da una presenza che può essere tentata di “acchiappare” le cose, e così muovendosi soffocarle e distruggerle (come fanno, armati dei loro saperi disciplinari, i due protagonisti del romanzo di Flaubert, Bouvard e Pecuchet, che inesorabilmente cercano di calarli su di un mondo reso oggetto senza rendersi conto dell’assurdità della loro impresa), la seconda da una sorta di assenza che può portare ad eccepire, negando all’altro il suo valore, la sua verità, come fa più o meno consapevolmente uno dei personaggi femminili che assistono un morente in una novella di Alice Munro (“Certe donne”, tratto dalla raccolta “Troppa felicità”) che il prof. Montorfano ha citato, arricchendo con questi riferimenti narrativi il suo discorso).
(continua)
...Una posizione concettuale, questa di cui il relatore si è fatto potatore, su cui si potevano porre obiezioni importanti – e in effetti ci sono stati alcuni interventi significativi, senza peraltro che un vero dibattito abbia potuto avviarsi perché il tempo stabilito per il seminario era già stato ampiamente superato. Questo in effetti è stato l’unico “neo” di un incontro a mio giudizio molto interessante in cui peraltro la preoccupazione del relatore di evidenziare in modo esaustivo e corretto tutti i passaggi concettuali - segno certamente di rispetto verso i suoi interlocutori - ha rallentato la messa a fuoco del tema principale e la possibilità per i partecipanti di usufruire al meglio della sua attitudine a misurarsi davvero con i pensieri degli altri – a pensare con, piuttosto che a pensare su – che avevamo già altre volte avuto modo di apprezzare nel suo modo di porgersi.
RispondiEliminaQuanto all’impostazione generale di questo seminario, personalmente sono persuasa che l’approccio psicanalitico, quando non cede alla tentazione di afferrare il mondo interno alla stessa stregua dei personaggi su cui abbiamo avuto modo di sorridere, quando non rende assolute le sue proposizioni, possa davvero concorrere al pari dell’arte e della letteratura a renderci meno estranei a noi stessi e ad abitare non solo il mondo interno, ma anche il mondo esterno con maggiore consapevolezza. Il simbolico a cui esso fa spesso riferimento, non sta secondo me fuori dal mondo della ragione: mythos e logos non sono momenti successivi dell’approccio umano alla realtà, non stanno l’uno nell’infanzia dell’umanità, destinato a lasciare il passo all’altro nella sua età adulta, ma stanno dentro alla ragione stessa in una complementarità feconda…
Per quanto riguarda invece i contenuti specifici del discorso del prof. Montorfano, il valore di verità che possiamo avervi riscontrato può essere diverso per ognuno di noi, e non mi pare il caso di aprire qui una discussione su di essi.
Segnalo nondimeno una mancanza non tanto in questo seminario ma nel complesso dei due incontri (ci sono anche domande che vorrebbero legittimamente delle risposte!), perché la violenza di genere ha anche delle cause sociali e culturali su cui non si può sorvolare, e che non hanno trovato un posto sufficiente nell’intervento pur appassionato e interessante della dottoressa Onofri a cui era in parte demandato. Rimandiamo pertanto alla lettura dell’intervista di Montorfano a Lebrun, inserita nella documentazione, che apre alcune piste di riflessione importanti, riservandoci come Circolarmente di pubblicare nel nostro blog i contributi che altri possono offrirci, consentendoci di rendere davvero “circolare” questo nostro percorso associativo.
La discussione continua nella pagina AGORA', nuovi commenti possono essere aggiunti in calce al post con titolo "Commenti a margine del seminario tenuto da Emanuele Montorfano"
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