giovedì 12 novembre 2015


Mercoledì 18 novembre 2015
ore 20,30
Sala consiliare Comune di Avigliana
p.zza Conte Rosso 7

 Il caso Bosnia”

Dott.ssa Donatella Sasso
Ricercatrice Istituto Salvemini
Giornalista freelance


A vent’anni dal genocidio di Srebrenica e dagli Accordi di Pace di Dayton, il passato del conflitto consumatosi sui territori della ex Jugoslavia grava ancora pesantemente sul presente della Bosnia Erzegovina.
La Costituzione elaborata nel 1995 ha delineato uno stato frammentato sul piano politico, come su quello umano ed educativo, secondo i medesimi principi nazionalisti che hanno fomentato la guerra degli anni novanta e, pur garantendo un ventennio di pace, non ha risolto gran parte dei problemi dei cittadini.
La Bosnia di oggi, fra proteste della società civile, tentativi di ricostruire una cittadinanza piena e non sottoposta a vincoli identitari, si scontra con politiche di revisionismo storico, un forte tasso di disoccupazione e istituzioni deboli sul piano sia interno sia internazionale.
È ancora possibile superare queste difficoltà e attraverso quali modalità la Bosnia può incamminarsi sul sentiero del riconoscimento dei diritti e della piena cittadinanza?


1 commento:

  1. Mercoledì 18 abbiamo ascoltato con molto interesse l’intervento della dott.ssa Donatella Sasso su “Il caso Bosnia” di cui i media parlano assai raramente. Abbiamo apprezzato la chiarezza con cui sono stati affrontati temi assai complessi resi ancora più ostici dalla nostra scarsa conoscenza delle dinamiche politiche e culturali dell’area balcanica. Partita da un doveroso inquadramento storico Sasso si è soffermata sui protagonisti: Milosevic, Tudjman e Izetbegovic accomunati dalla medesima appartenenza alla nomenclatura di regime. Quindi non uomini nuovi per una rifondazione della ex Iugoslavia, ma uomini noti, che secondo l’interpretazione proposta, hanno cercato una ricollocazione negli spazi di potere lasciati liberi dalla crisi interna e internazionale del comunismo. Costoro con l’aiuto del revisionismo storico non hanno esitato a cavalcare la tigre del nazionalismo identitario che tanti lutti ha prodotto in una terra ricca di intrecci etnici in cui nei precedenti 40 anni i matrimoni misti erano stata realtà piuttosto diffusa. L’ultima parte dell’intervento è stata dedicata alla presentazione dell’ attuale Bosnia Erzegovina per come quest’ultima è uscita dagli accordi di Dayton del 21 novembre 1995. Gli accordi, che hanno portato la pacificazione, hanno nello stesso tempo introdotto in una Costituzione, che si definisce democratica, un principio di rappresentanza su base etnica che oltre a ledere i diritti di cittadinanza, che dovrebbero essere universali, rende farraginosa e inefficiente la macchina della politica ed eccessivo il peso della burocrazia. In questo quadro le tensioni e i conflitti vecchi e nuovi si riaccendono. Su questa ultima parte sarebbe interessante continuare l’approfondimento perché la conoscenza di un modello identitario fallito può metterci in guardia rispetto a coloro che vedono nello stato identitario/etnico la soluzione di tutti i mali che ci affliggono, intrecciando questa prospettiva con uno spunto fornito da Claudio Vercelli su cosa significhi essere uno stato democratico al tempo delle società multietniche prodotte dalla globalizzazione.

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