venerdì 4 dicembre 2015


Giovedì 10 dicembre 2015
ore 15,30
Sala consiliare del Comune di Avigliana
p.zza Conte Rosso 7

Utopia e distopia”
Lettura e interpretazione di
Nel paese delle ultime cose di Paul Auster


Prof. Gianluca Cuozzo
Docente Filosofia Teoretica Università di Torino


Trento Longaretti – Straccivendolo con due violoncelli - 2011


In una città dove non si produce niente e tutto finisce rapidamente nel nulla, solo frammenti, scarti e spazzatura aiutano a vivere.
Il Paese delle ultime cose è il luogo osceno del residuale, il lugubre controcanto delle vie cittadine adibite allo shopping e della merce scintillante esposta nei grandi magazzini.
Cercare una strategia d’esistenza in questa città-discarica è un compito da straccivendoli che rovistano nel dimenticato della storia. Il loro primo obiettivo è ingaggiare una lotta su tutta la linea contro l’oblio.  


                                             Il relatore

1 commento:

  1. Un folto pubblico ha partecipato al seminario in cui il prof. Gianluca Cuozzo ci ha condotti, attraversando con appassionata competenza i territori a lui ugualmente congeniali della filosofia e della letteratura, ad individuare quel particolare confine, invisibile ma denso di assai concrete conseguenze, che sta fra l’utopia – intesa come slancio del pensiero umano che non presupponendo la realtà come un dato assoluto e immodificabile ci spinge ad andare oltre, figurandoci una diversa idea di mondo – e la distopia, sua controparte e complemento, che ci mostra le conseguenze potenzialmente esiziali di tendenze già avvertibili nel presente, ponendosi come specchio deformante il cui attraversamento ci consente di diventarne più consapevoli.
    Non a caso la copertina del romanzo distopico di Paul Auster, che il prof. Cuozzo ha scelto per illustrare la tensione inesausta fra queste due polarità di un medesimo slancio ideale inteso a porre rimedio ad una realtà avvertita come ingiusta e destinata all’implosione, rappresenta con un chiaro intento allegorico un occhio femminile che guarda attraverso una piccola fessura circolare. Davvero stretto è infatti il passaggio da quella che chiamiamo realtà al suo controcanto distopico, e richiede dunque per individuarlo uno sguardo attento agli snodi critici della contemporaneità.
    Nel romanzo l’occhio che guarda è quello di una giovane donna, Anna Blume, protagonista di un viaggio senza ritorno in una landa desolata che della città da cui lei è partita rappresenta solo più una spaventosa parvenza, quasi fosse la sua terribile Ombra: e in effetti Auster ce la rappresenta come la controparte notturna e luttuosa del mondo diurno della crescita indefinita e della produzione capitalistica, che sotto l’apparenza luccicante di quelle merci che sembrano rispondere ad una promessa di felicità senza fine tradisce in realtà questa stessa speranza di bene, perché ne ignora i costi ambientali e umani producendo a dismisura quegli scarti da cui noi spesso distogliamo lo sguardo, ma che la protagonista della storia è costretta ad incontrare senza possibilità di scampo.
    Di questi resti vive infatti quella che potremmo chiamare la Città della Distruzione, i cui abitanti sono costretti a muoversi all’interno di una equazione mortale in cui ogni tentativo di sopravvivere avvicina sempre più alla morte; un luogo in dissoluzione dove le cose via via scompaiono, e dopo le cose le parole per dirle così che diventa praticamente impossibile utilizzare quelle facoltà che ci rendono davvero “umani” e di cui si avvale ogni slancio utopico: la memoria, l’immaginazione, la capacità di comunicare e di stringere legami con gli altri… Pur tuttavia, ad uno sguardo più attento anche nel Paese delle ultime cose è ancora possibile ritrovarne un’eco in quei frammenti in cui Anna crede di scorgere a volte una nuova potenzialità di vita, oltre che in alcuni personaggi che sanno ancora narrare, attraverso gli oggetti di un tempo perduto, una storia che li comprenda.
    E’ proprio in queste forme residuali che secondo il prof. Cuozzo noi possiamo intravedere, uscendo dalla finzione letteraria, la possibilità di un nuovo corso del mondo, cogliendo in esse quanto resta di senso, tornando a quegli snodi della nostra civiltà in cui altre scelte potevano essere compiute, usando tutte le risorse della memoria e dell’immaginazione per farne emergere una visione emancipatrice che defatalizzi lo spazio angusto del presente. Solo così, a suo giudizio, potremo risvegliare quella tensione utopica indirizzata verso un nuovo divenire dell’uomo nella storia e un nuovo abitare la terra secondo la prospettiva dell’ecosofia, attenta all’uomo come al cosmo.
    E’ con indicazioni di speranza dunque che si è concluso un intervento di grande spessore concettuale e di forte impatto emotivo, in cui il prof. Cuozzo ha davvero attivato per noi tutte le risorse dell’immaginazione, facendo spazio ad un ampio ventaglio di suggestioni letterarie e cinematografiche che hanno appassionato tanto il pubblico adulto che gli studenti del Liceo Pascal di Giaveno.

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