martedì 12 gennaio 2016

Giovedì 21 gennaio 2016
ore 15,30
Biblioteca “Primo Levi”
via IV novembre 19, Avigliana

Incontro con Giancarlo Fagiano, 
socio di Circolar-Mente, su:

IL CAPITALE

nel XXI secolo


E’ possibile sostenere, con un minimo di schematismo, che la dicotomia destra/sinistra si sia snodata, dall’avvento della borghesia e dall’inizio della rivoluzione industriale fino ai nostri giorni, attorno alla dialettica fra due valori fondanti l’una e l’altra: da una parte quello della “libertà” (individuale) dall’altra quello della “uguaglianza”. Ancora uniti nella triade mitica della Rivoluzione Francese, ancora alleati nello sconfiggere l’Ancien Régime, si sono poi divaricati per ispirare: a destra, lo spirito dell’arricchimento individuale, a sinistra, quello della giustizia sociale collettiva. Il liberismo, specie nella sua recente versione del neo-liberismo, ha da sempre sostenuto che l’arricchimento individuale, lasciato libero di esprimersi in un mercato privo di vincoli e lacciuoli, avrebbe comportato quello di tutti. Tesi da sempre contestata e combattuta da tutti i movimenti di lotta al capitale. Il parametro fondamentale per misurare la veridicità di queste due contrapposte visioni non può quindi consistere che nel peso reale della “disuguaglianza”. In questa dialettica si inserisce il libro di Thomas Piketty “Il Capitale nel XXI secolo”. Lo fa con l’autorevolezza di una straordinaria massa di dati analitici raccolti e con la valenza di uno sguardo volto a considerare più di due secoli di storia economica. Il forte impatto che da subito ha avuto nel dibattito sulla consistenza della disuguaglianza testimonia che, qualunque opinione si possa avere al suo riguardo, “Il Capitale nel XXI secolo” è un testo ormai irrinunciabile per chiunque voglia capire che direzione ha preso l’economia mondiale.

1 commento:

  1. Giovedì pomeriggio Giancarlo Fagiano, membro del direttivo di CircolarMente, ha presentato al nostro pubblico il testo di Thomas Piketty “Il capitale del XXI secolo”. Con grande modestia si è presentato come un semplice lettore, ma l’esposizione è stata rigorosa e accattivante. La relazione è stata condotta con grande capacità comunicativa, in coerenza con l’intento dello stesso autore che ha voluto intenzionalmente rivolgersi non solo ad un pubblico di addetti ai lavori aprendo le sue riflessioni, come raramente avviene nei testi di economia, alle scienze sociali e in alcuni casi anche alla letteratura.
    Il libro, che illustra le dinamiche del capitalismo negli ultimi tre secoli, ha registrato un grande, inaspettato successo di pubblico anche tra i non addetti ai lavori probabilmente perché, a partire dalla messa al centro del fenomeno delle crescenti disuguaglianze, ha toccato un nervo scoperto interno alle grandi narrazioni neoliberiste e ha indicato una terza via riformista, interna allo stesso capitalismo, collocata tra la prospettiva neoliberista, che ha prodotto i guasti con i quali facciamo i conti, e la prospettiva rivoluzionaria, che storicamente ha fornito delle pessime prove.
    I teorici del neoliberismo sostengono che la crescita economica, indipendentemente dalle disuguaglianze, genera ricchezza diffusa. Secondo Piketty non è così, in quanto una migliore distribuzione della ricchezza si è realizzata esclusivamente nel trentennio tra il 45 e il 75, a causa della coincidenza di diversi fattori quali: la ricostruzione postbellica, la crescita demografica, l’esistenza di un modello economico alternativo rappresentato dall’ URSS, ruolo dei sindacati, mentre a partire dagli anni 80, ovvero dalla messa in pratica delle politiche neoliberiste, le disuguaglianze sono aumentate tanto che, se non si porrà un freno, il XXI secolo tornerà ad essere contraddistinto dalle stesse condizioni di disuguaglianza di inizio novecento.
    Un combinato di bassa crescita economica e di bassa natalità farà sì che la ricchezza da capitale si concentrerà, mediante i meccanismi dell’eredità, tanto da diventare sempre più dirimente, rispetto ai redditi da lavoro, nella gestione delle singole esistenze.
    Se teniamo inoltre presente il restringimento delle possibilità lavorative offerte ai giovani, usando il linguaggio di Marx si potrebbe ben dire che il lavoro morto condizionerà pesantemente quello vivo limitando fortemente, come già accade, la mobilità sociale.
    Piketty, che fin qui si è mosso mostrando esclusivamente dei dati di ordine economico, completa l’opera individuando nella leva della fiscalità lo strumento che dovrebbe consentire di contrastare la tendenza in atto. Parte questa che non abbiamo avuto tempo nel pomeriggio di affrontare, per cui ci proponiamo di ritrovarci a breve per concludere e lasciare spazio alla discussione.
    Come è emerso nel confronto il libro di Piketty mostra una linea di tendenza, che ha il pregio di essere suffragata da una gran mole di dati. Certo l’autore non dice nulla sulle variabili di ordine politico/ambientale/sociale lasciando la discussione e la valutazione alla classe dirigente politica, ma anche a quella parte, purtroppo sempre più modesta, che pensa di poter contare un poco all’interno dei tortuosi processi della società civile.

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