venerdì 22 aprile 2016

Mercoledì 20 aprile 2016
ore 20,45

in collaborazione con
A.N.P.I. - Sezione di Avigliana

nell'Auditorium della scuola
 “Defendente Ferrari”
Via Cavalieri di Vittorio Veneto 3, Avigliana

Resistere all'imbarbarimento
ed essere donna
ai tempi del terrorismo 
in Medio Oriente”


relatore
Dott. Claudio Vercelli
Ricercatore Istituto Salvemini di Torino

Allora, tra il 1943 e il 1945, nei seicento lunghi giorni dell’occupazione nazifascista dell’Italia, così come oggi, l’idea e le azioni di Resistenza rimandano alla conquista del diritto ad esistere come individui emancipati.

Ogni lotta di liberazione è impegno collettivo sia contro l’oppressione di un potere violento e barbarico sia contro uno stato di cose dove la dignità umana è offesa ogni giorno nei suoi principi più elementari.

Le violenze terroristiche, da qualsiasi parte provengano, negano la radice comune dell’umanità, la quale riposa nell’umano stesso e nel suo rispetto in ogni individuo, indipendentemente dalle sue origini e dalla sua condizione.

Le donne, così come sono state parte fondamentale nella Resistenza italiana ed europea contro i fascismi, così oggi costituiscono una fondamentale linea di difesa contro l’imbarbarimento che si accompagna alla caduta delle libertà e al trasformarsi dell’esistenza delle collettività in un regime di paura.

I nessi tra quel che è stato nel passato e ciò che sta accadendo oggi vanno quindi al di là delle semplici constatazioni, invitandoci ad una riflessione più approfondita sui cambiamenti in atto nel Mediterraneo, in Medio Oriente ma anche in Europa.

                                                    Claudio Vercelli

1 commento:

  1. Per celebrare degnamente sia l’anniversario della Liberazione che l’altrettanto importante 70° anniversario dell’accesso delle donne italiane al voto, l’associazione CircolarMente ha affidato al prof. Claudio Vercelli, in collaborazione con l’ANPI di Avigliana e raccogliendo una gradita sollecitazione del sindaco Angelo Patrizio, il compito non facile di tenere insieme la memoria della Resistenza come nucleo fondante dei valori repubblicani e democratici - una stagione di lotta in cui le donne hanno fatto la loro parte - e la riflessione su di una difficile attualità, in cui l’imbarbarimento non appare solo come un rischio potenziale ma come tragedia in atto in molte zone del mondo, segnando un regresso culturale e umano in cui la libertà delle donne diventa davvero uno spartiacque fondamentale.
    Un compito che il relatore ha accolto mirando anzitutto a contestualizzare il problema dei diritti negati alle donne in un disegno comprensivo di molti elementi intrecciati, per evitare una lettura che riposi sull’idea superficiale e pericolosa di uno scontro in atto fra civiltà evolute e civiltà antropologicamente segnate dalla staticità, fra modernità e tradizione. Quello che sta avvenendo è invece tutto da inserire, a suo giudizio, all’interno di una difficile e travagliata modernità, i cui elementi caratterizzanti sono stati resi plasticamente attraverso alcune carte tematiche da cui ben si è evidenziata la presenza di differenziali assai marcati fra le varie aree del pianeta. Risulta dirimente, in particolare, non tanto la diversa matrice religiosa, quanto piuttosto il fattore demografico che variamente combinandosi con il differente accesso alle risorse vede accentuarsi la sproporzione fra paesi ad alta fecondità, con popolazione giovane e mobile, e paesi più vecchi, a bassa fecondità, che diventano terre ambite di emigrazione.
    Differenziali che la globalizzazione ha intrecciato creando un cortocircuito esplosivo rispetto al quale peraltro il discrimine forte sta fra quei paesi in cui la tenuta dell’entità statale, se pure soggetta un po’ ovunque a spinte disgregatrici, ha rappresentato almeno un elemento di stabilità, quando non di garanzia di diritti di cittadinanza e di protezione giuridica delle minoranze, e quei paesi in cui la statualità si è disgregata. E’ proprio questo, a giudizio del relatore, l’elemento cardine che ha favorito da un lato l’instaurarsi del radicalismo islamista di matrice jihadista, e dall’altro – vedi il caso esemplare della Libia – l’emersione di micro comunità che hanno assunto un peso sempre più marcato come soggetti collettivi di appartenenza e di gestione delle risorse, ma che in generale obbediscono a logiche conservatrici e al cui interno la condizione delle donne è spesso di pesante subalternità, determinando un forte arretramento culturale evidente soprattutto nell’accesso negato allo studio e alla partecipazione alla vita pubblica.
    Da qui si accende il dibattito, con domande che sollecitano il relatore ad approfondire il possibile effetto della migrazione nel modificare posizioni culturalmente regressive, a ragionare sul ruolo passato e presente delle potenze occidentali nel difficile scacchiere medioorientale, a partire dai lasciti oscuri della colonizzazione fino alle guerre di supposta “esportazione” della democrazia, ma soprattutto ad interrogarsi sulle sfide interne alla nostra democrazia sociale che sono sottoposte oggi a grandi difficoltà legate a trasformazioni non ben governate: per tornare poi, attraverso alcuni interventi mirati a riportare la riflessione al tema iniziale, a ragionare sulla condizione delle donne nei nostri paesi occidentali che si ritengono su questo piano alquanto evoluti, ricordando come questa evoluzione non rappresenti un’acquisizione stabile e soprattutto come essa sia stata il risultato di un processo difficile in cui alle donne davvero non è stato regalato niente…

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