venerdì 6 marzo 2015


Mercoledì 11 marzo 2015 alle ore 15,30
nella Biblioteca “Primo Levi” di Avigliana
(via IV novembre 19)


"La sfida dell'invecchiamento"


incontro con il
Prof. Giuseppe Andreis
Docente di Psicologia all'Università di Torino

Le ultime ricerche fondate sulla neuroradiologia dimostrano come la mente diventi più forte quando il cervello invecchia, come l’esperienza e il trascorrere del tempo potenzino le capacità intuitive delle persone che invecchiano, e come esse si leghino in modo unico alla stessa biologia, a quell'organismo che è il cervello.

E anche se il cervello può invecchiare e cambiare, ogni fase di questa progressione presenta nuovi piaceri e vantaggi, così come perdite compromessi.

Come si presenta questo intrecciamento di registri con cui possiamo descrivere il soggetto umano?

E come collocare le varie indicazioni di come coltivare la mente e l'alimentazione e il movimento con la curiosità e l’esplorazione?

Diciamo che di tanto in tanto dei vecchi ci permettono di incontrare "le loro grandi cose semplici", una trasparenza riconoscibile della dignità di ogni persona umana, l'aspirazione verso la bontà e verso la pietà.  
                                                                                                                                               Il relatore

2 commenti:

  1. Richiesta indubbiamente impegnativa, quella che CircolarMente ha posto al dottor Andreis – fidando nella sua competenza psicanalitica e nella sua capacità narrativa – col proporgli di trattare l’invecchiamento come “sfida”. Un tema, questo, su cui in qualche misura ci si era già confrontati con la professoressa Mencarini, che come esperta di demografia ci aveva posti di fronte alla realtà inquietante di un mondo dove non siamo mai stai così tanti e purtroppo così disuguali (anche rispetto alle speranze di vita, dal momento che per un bambino che oggi nasce nei paesi occidentali essa potrebbe arrivare ai cento anni, mentre in paesi meno fortunati arriva appena alla metà), e ancora così “grigi”, visto il progressivo aumento della popolazione anziana rispetto ai giovani che si sta verificando nella nostra parte del mondo…
    Una sfida che ci tocca dunque da vicino, e che interroga in particolare quanti di noi fanno parte di quelle che Federico Rampini chiama, in un suo libro recente, “le pantere grigie”, e cioè la generazione dei baby boomers, nati fra il 1946 e i primi anni sessanta. Una generazione che ha goduto di indubbi privilegi, avendo potuto sperimentare nella giovinezza un’ampia apertura di possibilità in quasi tutti i campi della vita, ma che pure ha fatto molto in prima persona impegnandosi politicamente e socialmente e che ancora oggi vuole dare senso al proprio essere nel mondo, mentre pur tuttavia deve confrontarsi non solo con l’invecchiamento spesso molto prolungato e difficile dei propri genitori, ma con l’esperienza soggettiva ed emotivamente complessa del proprio invecchiamento…
    Partendo da queste considerazioni, poste con la consueta garbata nitidezza da Massima Bercetti nel suo intervento introduttivo, ha preso le mosse anche il dottor Andreis, riflettendo su di una esperienza generazionale che pure lo comprende e che ci ha visti giocare il nostro ruolo a tutto campo nella giovinezza e confrontarci poi non solo con la scoperta del limite – dovere ineliminabile della maturità – ma anche con la presa d’atto di un progressivo impoverimento del legame sociale, che negli ultimi anni si è palesato in modo deflagrante.
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  2. E’ nondimeno possibile, secondo la sua forte convinzione, porsi di fronte in modo evolutivo ad una sfida che certo è complessa, se solo riusciremo ad utilizzare questo nostro nuovo tempo come esperienza del reale, e cioè come spazio per riuscire a dialogare più intimamente con quella parte di noi che chiamiamo “soggetto”, non sottraendoci alla necessità di restituire il debito con la generazione precedente, non rinunciando al legame sociale, bensì intensificandolo, ma soprattutto elaborando compiutamente quel lutto che ci ha lanciato nel mondo da soli senza ripiegarci sul tempo di ieri, su passate quanto idealizzate potenzialità e felicità. Se ci concepiamo come perduti, la perdita sarà infatti reale e drammatica. Noi dobbiamo invece mantenere vivo quello che possiamo chiamare “desiderio”, se vogliamo intendere questo termine nell’accezione lacaniana, su cui già altre volte abbiamo avuto occasione di confrontarci, o altrimenti “eros”, se ci piace ricordare il mito di Amore che Diotima racconta a Socrate nel Convivio platonico: non lasciando dunque cadere quella tensione inesausta che non può mai essere del tutto colmata (e non certo attraverso la forma del godimento oggettuale) ma che pur tuttavia ci spinge ad accettare il gioco della vita, il rischio di metterci alla prova senza temere oltre misura i possibili fallimenti, o ancora la sfida di un trascendere che non necessariamente ha connotazioni religiose (Massima Bercetti ha infatti ricordato la tensione leopardiana verso l’infinito, pur nella consapevolezza di un cielo vuoto e silenzioso), ma volto se mai a completare quella che qualcuno dei presenti ha chiamato, in termini iunghiani, “individualizzazione”, intendendola come il completamento della coscienza di sé come soggetto.
    Così, in un gioco di rimandi fra il sapere psicanalitico del relatore e le suggestioni e le esperienze di vita dei presenti, si è composto via via un seminario che non ha ovviamente affrontato tutti i temi collegati all’invecchiamento (ci si è concentrati di più sulle sensibilità individuali, piuttosto che sui problemi di ordine istituzionale, politico e sociale che pure incombono su questo nostro mondo ingrigito), ma che ha pure trovato spazio non tanto per i consigli per ben invecchiare - già ci vengono propinati per ogni dove, e pertanto abbiamo potuto tranquillamente lasciarli da parte – ma per prendere atto di alcune esperienze importanti sul piano sanitario, assistenziale e psicologico che si vanno facendo nel nostro territorio, per offrire a chi è o appare ormai disanimato di fronte a vecchiaie difficili la possibilità di essere ancora riconosciuto come soggetto (chi fosse interessato a conoscerle più da vicino, può rivolgersi pertanto al dottor Andreis, che ha contribuito ad attivare una ormai consolidata “rete” di relazioni ).

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